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Anche le cose invecchiano. Non solo si usurano, voglio dire, ma invecchia anche il rapporto che ci lega. Il ventaglio di possibilità, come dire, ingrigisce. Facevo questa considerazione mentre mi dedicavo alle pulizie di primavera. Ci sono oggetti, sassolini e conchiglie raccolte d’estate, frammenti di fotografie, libri che hanno preso troppa polvere, piccoli progetti mai portati a termine che piano piano smettono di far presa sull’anima. L’aquilone rimasto nella sua busta. Il fascino, quel senso di possibilità che contenevano, affievolisce. Come Amos McGee, che un giorno si sveglia ma non esce più, e non si riprende sin che i suoi amici non evadono dallo zoo per andarlo a trovare. Di questi tempi, le catene che ci immobilizzano, le sbarre del cancello dello zoo sono chiuse bene, sono strette. I nostri amici dall’altra parte delle sbarre, si fa fatica a chiamarli. Un antidoto sarebbe la tana, rannicchiarsi sino a che non passi la tempesta. Oppure uscire in punta di piedi, mantenere un profilo basso, osservare. La scorsa settimana, alla serata Amarcord delle diapo, dopo pochissimo, il proiettore si è inceppato, mangiando una diapositiva di Paolo. Sembrava che la riuscita della serata fosse appesa a quel cavo di resistenza surriscaldato. ( io avevo un proiettore di riserva, ma per qualche motivo non lo abbiamo sostituito ). Sono rimasto in disparte ad osservare Gianfranco e Paolo e Giorgio e Carla che dibattevano il da farsi e risolvevano. È stato come assistere a un piccolo cinema. Io non so cosa leghi gli attimi, la sequenza continua di singoli momenti che ci restituiscono il senso di un’esperienza vissuta, di un periodo, di una vita. Se mi concentro sul momento presente mi sembra di perdere il quadro complessivo, come vedere una mostra concentrandosi solo sui dettagli: la mano, la forma delle labbra, la nebbia all’orizzonte. Se penso a piani futuri, mi sembra di barare, e di metterne a rischio la riuscita. Se guardo indietro mi prende una grande, grandissima nostalgia. Lì, guardando indietro, ci sono anche momenti gioia pura, di felicità. Sono poche stelle ma di grandissima intensità. Dormire nel letto dei nonni materni da bambino. Le lenzuola tirate, che odoravano di fresco. Scoprire la musica, il canto, la poesia. Quella ragazza che mi piaceva tantissimo, quando ha passato la prima notte a casa mia. Londra, nella pensione microscopica con Paola, le valigie sul pavimento. La prima volta che ho sentito Quino ridere e le passeggiate di mattina presto con Nicki nel trasportino. Il viaggio sul treno con Argo, quando sono andato a prenderlo. E ce ne sono certo delle altre più piccoline ma luminose altrettanto, solo che sono più lontane, che me le tengo per pudore dei sentimenti. Che poi a ben vedere queste stelle non sono poi così poche. Poi, per ognuna, ci sono anche ombre, le goffaggini, gli errori che abbiamo commesso, le paure, le ansie le viltà. E poi ci sono quelle che abbiamo subìto, da chi amavamo. E quelle sono più difficili da guardare. Addirittura alcune faccio fatica, anche a distanza di anni, a metterle a fuoco. Quando riesco, mi stupisco un po’ ma poi mi ricordo che l’avevo già capito, ma che l’avevo anche un po’ dimenticato per continuare a sorridere. Fa ancora male. Ma se mi perdòno, loro si pèrdono. I cattivi pensieri, i rimorsi, dico. Le cose che non avrei voluto dire. Il cuore scricchiola ma tiene, come un vecchio proiettore che mastica e sputa mentre mangia plastica. Si sopravvive anche a queste cose qui. Alle delusioni e al disappunto. Ma verso sera, quando abbassi la guardia, mentre l’iride si espande per catturare quel poco di luce che rimane, mi sembra di stare in attesa. Che manchi qualcosa, che domani chissà. E alla fine, mentre Nicholas ed Argo russano, e Quino tiene a bada gli spiriti toccando le pareti, le sedie, e ricompone gli ultimi frammenti del giorno andato in pezzi, io mi arrendo. I miei, di pezzi rimangono un po’ sconnessi, fuori posto. Deve essere così che ci si sente quando poi si va a dormire davvero: una resa. Quello che manca, anche lui, scivola nel sonno e non c’è più.

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Let me be clear, I haven’t really wrapped my mind about the past, yet. Maybe a by-product of the fact that I spend a ton of time by myself, shuffling artwork around in the gallery, shlepping frames in and fro, moving stuff, the mind just fills the void, the gaps of knowledge with remorse. What ifs. And if I only hads. Anything but looking at the present moment. -Looking at the phone: why couldn’t I do this? Why didn’t I think about that? Am I even in the same league?

-When I take a book from the shelves: This resonates so much. Wow, I love these sentences. So truthful. Mmmm no, not convinced.

See the difference? We just celebrated Liberation Day here in Italy. It’s a national holiday very dear to me. We celebrate the strength and courage of the Italian citizens that during the war fought Fascists and Nazis from within, strategically helping the allies to liberate the country. We also celebrate on this day the end of the war, the re-conquest of all those freedoms that Mussolini and his thugs had disposed of, the end of racial laws, and the triumph of democracy, of pluralism, of a tolerant, open society. Of course, in the current Italian political climate, celebrating the 25th of April it is seen as somehow “divisive”. This is the way Meloni and the establishment have been spinning it for a while. Of course, sharing the core ideology and your political background with the “social republic” that Mussolini established in the north while on the run from a devastating loss in the war, doesn’t allow these guys the luxury of participating wholeheartedly in the celebrations. See the paradox? They lead a proudly antifascist republic, all the while trying to re-write history. But history, despite the attempts, cannot be re-written. There are instances in which we must be able to recognize right and wrong, just and unjust, in spite of our personal history and affiliations.

In 1945 American, British and Russian troops won the war defeating totalitarian regimes whose power and ideology was rooted in sociopathic policies. Years ago Marc Ribot put out a cool record with a nice version of Bella Ciao. Play it loud, these days amici d’oltreoceano.